Di Arianna Scaglione*

Il gioco rappresenta la principale attività dei bambini e numerosi studi hanno dimostrato come abbia un ruolo molto importante per la loro crescita, tanto da presentarsi come un’attività privilegiata almeno fino ai 7-8 anni di età (Vecchiato, 2007). Numerosi autori, tra cui Piaget, Huizinga, Caillois e Bateson, si sono dedicati allo studio e all’osservazione del gioco, ognuno contribuendo con una propria teoria, pertanto, risulta complesso riuscire a dare una semplice definizione di gioco.
Tuttavia, tutte le teorie concordano su un punto: il momento del gioco rappresenta qualcosa di circoscritto, uno spazio a sé, separato dal contesto di vita quotidiana, dove il bambino può conoscere sé stesso e costruire un’immagine di sé positiva e ordinata. Grazie alla attività ludica, inoltre, il bambino migliora la propria coordinazione, acquisisce nuove competenze ed esplora il mondo divertendosi.

Le tappe evolutive del gioco

Si può parlare di gioco psicomotorio vero e proprio a partire dai 2-3 anni, età in cui il bambino ha già fatto tesoro di innumerevoli esperienze, con il proprio corpo e il movimento, e grazie alle competenze acquisite attraverso le varie tappe di sviluppo motorie, come rimanere seduti e camminare (Vecchiato, 2007). Questa attività espressiva consente al bambino di compiere azioni e di esprimere i suoi stati d’animo.
Il gioco psicomotorio permette la libera e spontanea espressione, lasciando al bambino anche la possibilità di commettere errori. Il ruolo dell’adulto, in questo contesto, è quello di creare un ambiente protetto e non pericoloso, per dare al bambino una condizione di sicurezza in cui giocare senza rischi.
Il gioco psicomotorio viene generalmente suddiviso in tre grandi macrocategorie: gioco sensomotorio, gioco simbolico e gioco di socializzazione.

  • Il gioco sensomotorio rappresenta la prima tappa ed è caratterizzata da forti connotati emozionali a seguito di nuove acquisizioni motorie. In questa fase, il bambino esplora le proprie capacità fisiche per capire cosa sia in grado di fare con il proprio corpo attraverso attività come:
    – giochi di prensione,
    – giochi di equilibrio-disequilibrio,
    – scivolare, rotolare,
    – scavalcare, arrampicarsi.
  • Il gioco simbolico si sviluppa successivamente alla fase sensomotoria e rappresenta la tappa del “far finta di”. Giochi di ruolo e travestimenti, per fare finta di essere mamma, papà, eroi, eroine, sono molto utilizzati e apprezzati dai bambini.
  • Infine, l’ultima tappa consiste nel gioco di socializzazione ed è la fase in cui il bambino prende coscienza della realtà esterna e inizia ad interessarsi anche all’altro e, a partire dai 3 anni, mostra interesse nello stare insieme ai suoi coetanei.

Il gioco come strumento del TNPEE

Il gioco spontaneo, così ricco di significati, non è solo un mezzo di scoperta e crescita per il bambino, ma è anche un importante strumento terapeutico nel caso in cui emergano difficoltà nello sviluppo.
Il gioco è, infatti, il principale strumento utilizzato dal Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (TNPEE). Questo professionista sanitario, specializzato nella prevenzione, educazione e trattamento dei disturbi del neurosviluppo, utilizza il gioco sia per osservare, sia per intervenire a livello terapeutico sulle diverse aree di sviluppo: motoria, relazionale, cognitiva ed emotiva.

Attraverso il gioco spontaneo del bambino, il TNPEE è in grado di cogliere segnali significativi – come un gioco povero di elementi, rigido, stereotipato o ripetitivo – che possono indicare difficoltà motorie, fragilità emotive o disturbi di tipo neuromotorio, cognitivo o comportamentale.

L’intervento terapeutico del TNPEE si basa sulla creazione di un ambiente con specifiche caratteristiche, avendo cura di proporre attività ludiche adeguate alle capacità del bambino, lasciandogli modo di esprimere sé stesso e la sua spontaneità e concedendo spazio al divertimento, alla gioia e allo stupore.

Gli strumenti utilizzati non si limitano solo agli oggetti, ai giocattoli veri e propri, ma comprendono anche i corpi del bambino e dell’adulto che permettono di veicolare giochi molto stimolanti per il bambino, come correre, tuffarsi, saltare, scappare ed essere presi, lasciarsi cadere e mantenersi in equilibrio.

Seguendo la classificazione delle tre macro-classi di gioco di Piaget, il TNPEE utilizza tre tipologie di giochi nel percorso terapeutico:

  • di esercizio, attività semplici, di esercizi eseguiti e ripetuti con il solo fine di trarne piacere;
  • simbolici, in cui il bambino simula una situazione reale, già conosciuta;
  • di regole, in cui il bambino partecipa a giochi strutturati all’interno di un contesto sociale e condividendo le regole con gli altri.

Il terapista accompagna il bambino nelle attività ludiche con obiettivi ben definiti, seguendo un programma riabilitativo specifico per il bambino (Abrunzo, 2021).

Il gioco è dunque il cuore dell’intervento terapeutico: attraverso di esso, il TNPEE crea condizioni esperienziali il più possibile vicine alla realtà quotidiana del bambino con l’intento di stimolare lo sviluppo delle funzioni adattive (cioè le abilità e competenze necessarie per adattarsi all’ambiente circostante e per affrontare le sfide quotidiane), avendo cura del materiale scelto. Gli strumenti utilizzati, infatti, rappresentano una mediazione “tra la realtà e la finzione, tra esercizio terapeutico e vera abilità” (Abrunzo, 2021).

In questo contesto, la relazione terapeutica, fondata sulla fiducia e sull’ascolto del bambino, diventa un elemento cruciale per favorire il gioco spontaneo, aiutando il bambino a vivere esperienze che possano migliorare il suo sviluppo generale e creando le condizioni migliori per una crescita armonica.

Per approfondire:
1. Abrunzo, R. (2021). Il gioco nell’intervento neuro e psicomotorio in età evolutiva. Il TNPEE, 3(1).
2. Ambrosini, C., & Pellegatta, S. (2013). Il gioco nello sviluppo e nella terapia psicomotoria. Edizioni Centro Studi Erickson.
3. Vecchiato, M. (2007). Il gioco psicomotorio. Psicomotricità psicodinamica. Armando Editore.
4. Wille, A. M., & Ambrosini, C. (2008). Manuale di terapia psicomotoria dell’età evolutiva. Cuzzolin.


* Terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, iscritta all’Ordine TSRM e PSTRP di Cosenza. Collabora con il centro clinico Prometeo da ottobre 2021.