Di Mattia De Franceschi *

La separazione tra genitori rappresenta un evento critico nella vita di uno o una minore, ma è soprattutto la qualità della relazione tra gli ex coniugi a determinarne l’impatto psicologico. Quando la separazione assume toni altamente conflittuali, il figlio o la figlia può trovarsi intrappolata in un clima emotivamente nocivo che destabilizza e potenzialmente può comprometterne il suo sviluppo psico-affettivo. Questo scenario si aggrava ulteriormente se il figlio o la figlia diventa oggetto di contesa o strumento di vendetta tra le parti, generando nel tempo sintomi psicologici che possono rendere necessaria l’attivazione di un percorso psicoterapeutico.

I segnali del disagio

Spesso il o la minore arriva in terapia per disturbi del comportamento, difficoltà scolastiche, ansia o sintomi psicosomatici. Nel contesto clinico, il riconoscimento precoce dei segnali di disagio legati al conflitto genitoriale è fondamentale. I bambini e le bambine non possiedono ancora gli strumenti cognitivi ed emotivi per decifrare e comunicare il proprio malessere in modo diretto; spesso, il loro linguaggio è quello del corpo (sintomi psicosomatici), del comportamento (regressioni, aggressività, isolamento) o del rendimento scolastico. Questi segnali, tuttavia, rischiano di essere letti come “problemi del bambino o della bambina” e trattati in modo isolato, senza considerare il contesto familiare disfunzionale che li genera.

Il conflitto di lealtà e l’alienazione parentale

Dietro queste manifestazioni, infatti, può celarsi un disagio profondo, alimentato da una posizione interna ambivalente: il conflitto di lealtà. Questo fenomeno si verifica quando il/la minore percepisce di dover scegliere tra i due genitori o di dover prendere le parti di uno contro l’altro, anche inconsapevolmente. Tale conflitto mina le fondamenta della sicurezza affettiva, generando senso di colpa, confusione identitaria e una compromissione della capacità di costruire legami sani.

In presenza di una separazione conflittuale protratta nel tempo, il/la minore può sviluppare forme più complesse di disagio. Uno dei rischi maggiori è l’alienazione parentale, una dinamica relazionale in cui il figlio o la figlia, a causa di influenze dirette o indirette da parte di un genitore, arriva a rifiutare l’altro genitore senza motivazioni oggettivamente fondate. Il genitore alienante, talvolta inconsapevolmente, mette in atto comportamenti denigratori, svalutanti o manipolatori, che alimentano nel figlio o nella figlia una visione distorta dell’altro genitore. Questo processo non solo compromette la relazione con la persona adulta rifiutata, ma indebolisce anche il senso di sé del o della minore, che sacrifica parti della propria identità per mantenere l’approvazione dell’altro genitore.

Il ruolo della psicoterapia

Il lavoro terapeutico richiede attenzione, tempo e una profonda comprensione del contesto familiare. Il setting deve rappresentare uno spazio sicuro e neutrale, in cui il bambino o la bambina possa esprimere i propri vissuti senza sentirsi giudicato/a o ritrovarsi nella posizione di dover difendere o attaccare un genitore. La terapia deve quindi lavorare sul rafforzamento delle risorse interne, sulla legittimazione dei sentimenti contrastanti e sulla rielaborazione delle lealtà invisibili che legano il bambino/la bambina ai genitori.

Il coinvolgimento dei genitori e il lavoro multidisciplinare

Parallelamente, può essere utile un coinvolgimento delle persone adulte di riferimento, qualora ci siano le condizioni per poterlo fare. Il o la terapeuta può avere un ruolo di facilitazione nel riattivare la comunicazione tra i genitori, promuovendo una co-genitorialità più funzionale, anche quando la relazione di coppia è irrimediabilmente compromessa.

Un altro aspetto cruciale, inoltre, è la collaborazione tra figure professionali coinvolte: psicologi, psicologhe, neuropsichiatri, neuropsichiatre, servizi sociali, insegnanti. Una rete di intervento integrata consente di creare un contenitore più solido per il minore/la minore e di affrontare le eventuali manipolazioni narrative che spesso accompagnano le separazioni conflittuali.

In conclusione, una separazione conflittuale non è mai un evento neutro per i figli e le figlie. Le cicatrici emotive che lascia possono diventare invisibili ma profonde, condizionando il benessere psicofisico e la costruzione della propria identità. La psicoterapia offre al/alla minore uno spazio per elaborare il dolore, riconoscere le proprie emozioni e ricostruire una narrazione personale più integra. Tuttavia, perché sia realmente efficace, è indispensabile che il sistema familiare nel suo complesso venga coinvolto e sostenuto in un percorso di responsabilizzazione e di rielaborazione delle dinamiche distruttive. Solo così si può sperare di restituire al bambino o alla bambina il diritto fondamentale a una crescita serena, libera da conflitti che non gli/le appartengono.


* Psicologo, psicoterapeuta e criminologo clinico. Ampia esperienza professionale in ambito di tutela minori e giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni. Collabora con Prometeo dal 2021.